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QUOTA 100: DOMANDE ANCHE DOPO IL 31 DICEMBRE 2021

QUOTA 100: DOMANDE ANCHE DOPO IL 31 DICEMBRE 2021

Sono arrivate al nostro Dipartimento Consulenza legale numerose richieste di delucidazioni circa la possibilità di
presentare un’istanza per andare in pensione con la cosiddetta Quota 100 dopo il 2021.
Come noto l'articolo 14 del dl n. 4/2019 convertito con legge n. 26/2019 ha introdotto dal 2019, in
via sperimentale e limitatamente al triennio 2019/2021, la facoltà di andare in pensione al
raggiungimento di una età anagrafica di 62 anni unitamente a 38 anni di contribuzione. La
sperimentazione si rivolge a tutti i lavoratori, dipendenti e autonomi assicurati all'INPS, che entro il
31 dicembre 2021 raggiungano i predetti requisiti.
Ebbene, il comma 1 di questo articolo dispone espressamente che il diritto acquisito entro il 31
dicembre 2021 può essere esercitato anche successivamente alla predetta data (cd. principio della
cristallizzazione del diritto a pensione).
Ciò significa che il lavoratore che abbia raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31
dicembre 2021, può scegliere di andare in pensione anche in un momento successivo senza
perdere questa possibilità.

ESITO RIUNIONE PER IL RINNOVO DEI CCNL - E' UN PARADOSSO!

Roma, 10 set - (Nova) - Nella riunione congiunta dell'8
settembre i Comitati di Settore Regioni-Sanita' e Autonomie
locali hanno approvato e trasmesso all'Aran l'Atto di
indirizzo per il rinnovo del Contratto collettivo di lavoro
per il personale non dirigente del comparto delle Funzioni
locali per il triennio 2019/2021, interessando 430 mila
dipendenti di Comuni, Province, Regioni e Camere di
Commercio. "Il nuovo contratto non si limitera' alla
distribuzione degli aumenti contrattuali, ma interverra' su
alcuni ambiti strategici per il rafforzamento delle nostre
organizzazioni e il potenziamento dell'azione
amministrativa" affermano Jacopo Massaro, presidente del
Comitato di settore Autonomie locali e Davide Carlo
Caparini, presidente del Comitato di settore Regioni -
Sanita'. "Un primo fronte - spiegano - e' quello della
valorizzazione delle posizioni organizzative a cui sono
conferiti incarichi implicanti maggiori responsabilita'
gestionali o livelli piu' elevati di autonomia e
specializzazione professionale, bilanciata dalla
possibilita' di orientare il sistema di verifica degli
obiettivi anche ai fini della permanenza nell'incarico.
L'Atto di indirizzo chiede poi di proseguire nel percorso
delle semplificazioni procedurali avviato nella tornata
contrattuale 2016/2018. Tale semplificazione deve
interessare sia la disciplina delle progressioni economiche,
per le quali si devono perseguire gli obiettivi di maggiore
inclusivita' e scansione temporale dei passaggi nella vita
lavorativa, ferma comunque la correlazione con la
valutazione individuale, che le modalita' di costituzione e
utilizzo dei fondi per il salario accessorio, che sono
ancora caratterizzati da tecnicismi eccessivi. Rispetto alla
distribuzione del fondo, inoltre, i Comitati di settore
chiedono di concentrare la contrattazione di secondo livello
sulle risorse destinabili alla performance, alle premialita'
e alle progressioni economiche, rimettendo gli istituti
indennitari alle scelte organizzative degli Enti. Il nuovo
Contratto dovra' infine affrontare la sfida dell'adeguamento
degli istituti contrattuali interessati dalle nuove
modalita' lavorative a distanza, preservando comunque le
competenze datoriali sulle materie relative
all'organizzazione degli uffici, e promuovere la formazione
come investimento organizzativo sulle competenze
professionali e sulle abilita' lavorative necessarie per
rispondere a una domanda di servizi rivoluzionata in questi
ultimi anni". (Rin)

PER IL DIPENDENTE PUBBLICO NON C'E' DIRITTO ALL'AVVICINAMENTO!

CSE FLPL

Dipendenti pubblici, non c’è diritto all’avvicinamento
Non esiste un diritto soggettivo del dipendente pubblico al riavvicinamento alla sede di lavoro, più
vicina al domicilio della persona da assistere essendo la richiesta del singolo recessiva rispetto
all’interesse della collettività
Non esiste un diritto soggettivo del dipendente pubblico al riavvicinamento alla sede di lavoro, più
vicina al domicilio della persona da assistere (art. 33, comma 5, I. n. 104/1992), essendo la richiesta
del singolo recessiva rispetto all'interesse della collettività. Infatti, nell'equo bilanciamento tra gli
interessi coinvolti il legislatore ha condizionato il trasferimento all'inciso «ove possibile», in ragione
proprio del preminente interesse organizzativo dell'ente pubblico. Con queste motivazioni la
Cassazione (ordinanza n.22885/2021) ha respinto il ricorso, di una dipendente ministeriale, al
trasferimento di sede in ragione del rilevante interesse organizzativo dell'ente a confermarla nella
sede di appartenenza.
La vicenda
Una dipendente del ministero della giustizia si è vista negare il trasferimento, presso la sede più vicina
alla madre portatrice di handicap grave (100%), nonostante le disposizioni previste dall'art. 33,
comma 5, legge n. 104/1992. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di appello, cui la dipendente
aveva chiesto di ordinare il suo trasferimento, hanno rigettato il ricorso, precisando che la
disposizione legislativa, invocata dalla dipendente, non configurasse un diritto assoluto, tanto che la
norma precisa che il diritto, alla scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da
assistere, sussiste solo «ove possibile». La dipendente ha, quindi, proposto ricorso in Cassazione,
censurando la decisione dei giudici di appello per aver subordinato, il diritto di scelta della sede di
lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, ad un potere discrezionale
dell'amministrazione.
La conferma
Per i giudici di Piazza Cavour la Corte di appello ha correttamente interpretato la giurisprudenza di
legittimità che ha, più volte, ribadito che, il diritto di scelta della sede più vicina al domicilio della
persona invalida da assistere, non è un diritto soggettivo assoluto ed illimitato ma è assoggettato al
potere organizzativo dell'Amministrazione che, in base alle proprie esigenze organizzative, potrà
rendere il posto «disponibile» tramite un provvedimento di copertura del posto «vacante». Infatti,
l'inciso utilizzato dal legislatore «ove possibile» comporta un bilanciamento degli interessi in conflitto
(interesse al trasferimento del dipendente ed interesse economico-organizzativo del datore di lavoro),
soprattutto in materia di rapporto di lavoro pubblico, laddove tale bilanciamento riguarda l'interesse
della collettività. Il trasferimento rappresenta, infatti, uno strumento indiretto di tutela in favore delle
persone in condizione di handicap, attraverso l'agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della
sede ove svolgere l'attività lavorativa, al fine di rendere quest'ultima, il più possibile compatibile, con
la funzione solidaristica di assistenza del soggetto invalido ma non è l'unico strumento posto a tutela
della solidarietà assistenziale. Tuttavia, detta possibilità non può ledere le esigenze economiche,
produttive od organizzative del datore di lavoro e, soprattutto nei casi di rapporto di lavoro pubblico,
non può tradursi in un danno per l'interesse della collettività. Inoltre, la vacanza del posto, nella sede
di trasferimento, è condizione necessaria ma non sufficiente, restando l'ente libero di decidere di
coprire una data vacanza, ovvero di privilegiare altre soluzioni.