IL TESTO DELL'ACCORDO QUADRO SUL RINNOVO DELLE RSU
SOTTOSCRITTA L’IPOTESI DI NUOVO ACCORDO QUADRO IN
MATERIA DI COSTITUZIONE DELLE RSU PER IL PUBBLICO IMPIEGO
E PER LA DEFINIZIONE DEL REGOLAMENTO ELETTORALE
Definito nel corso della riunione tenutasi ieri tra Aran e Confederazioni rappresentative del lavoro
pubblico, il nuovo Accordo Collettivo Quadro in materia di costituzione delle RSU e per la
definizione del regolamento elettorale.
Un testo che aggiorna alcune disposizioni rispetto all’ACQ precedente, con particolare riferimento
all’elettorato attivo e passivo, alle modalità di funzionamento delle RSU, alle modalità di
presentazione delle liste, alla piena esigibilità di fronte alle Commissioni elettorali dei dispositivi
del Comitato dei garanti in caso di controversie.
Da segnalare la possibilità, ora prevista, della presentazione delle liste mediante l’utilizzo della
posta elettronica certificata e della firma digitale del presentatore, in alternativa alla
presentazione fisica presso gli Uffici. Una nuova opportunità, frutto di una nostra specifica
richiesta poi condivisa dall’Aran, nonostante le numerose e inaccettabili resistenze di altre
Confederazioni sindacali.
Condizione questa ancora più necessaria in una fase in cui l’emergenza sanitaria purtroppo non è
finita, che permetterà di evitare le strozzature e le difficoltà che fatalmente potrebbero crearsi in
una tornata elettorale che interesserà decine di migliaia di posti di lavoro.
Ora per la partenza formale delle procedure bisognerà concordare a breve presso l’Aran il
Protocollo il calendario elettorale (a meno di ritardi e/o imprevisti le elezioni si terranno entro il 15
aprile 2022).
Alleghiamo il testo dell’Ipotesi di Accordo Collettivo Quadro che diventerà esecutivo al momento
della sottoscrizione definitiva dopo il previsto iter degli organi di controllo.
Il Coordinamento Generale
QUOTA 100: DOMANDE ANCHE DOPO IL 31 DICEMBRE 2021
Dipendenti pubblici, non c’è diritto all’avvicinamento
Non esiste un diritto soggettivo del dipendente pubblico al riavvicinamento alla sede di lavoro, più
vicina al domicilio della persona da assistere essendo la richiesta del singolo recessiva rispetto
all’interesse della collettività
Non esiste un diritto soggettivo del dipendente pubblico al riavvicinamento alla sede di lavoro, più
vicina al domicilio della persona da assistere (art. 33, comma 5, I. n. 104/1992), essendo la richiesta
del singolo recessiva rispetto all'interesse della collettività. Infatti, nell'equo bilanciamento tra gli
interessi coinvolti il legislatore ha condizionato il trasferimento all'inciso «ove possibile», in ragione
proprio del preminente interesse organizzativo dell'ente pubblico. Con queste motivazioni la
Cassazione (ordinanza n.22885/2021) ha respinto il ricorso, di una dipendente ministeriale, al
trasferimento di sede in ragione del rilevante interesse organizzativo dell'ente a confermarla nella
sede di appartenenza.
La vicenda
Una dipendente del ministero della giustizia si è vista negare il trasferimento, presso la sede più vicina
alla madre portatrice di handicap grave (100%), nonostante le disposizioni previste dall'art. 33,
comma 5, legge n. 104/1992. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di appello, cui la dipendente
aveva chiesto di ordinare il suo trasferimento, hanno rigettato il ricorso, precisando che la
disposizione legislativa, invocata dalla dipendente, non configurasse un diritto assoluto, tanto che la
norma precisa che il diritto, alla scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da
assistere, sussiste solo «ove possibile». La dipendente ha, quindi, proposto ricorso in Cassazione,
censurando la decisione dei giudici di appello per aver subordinato, il diritto di scelta della sede di
lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, ad un potere discrezionale
dell'amministrazione.
La conferma
Per i giudici di Piazza Cavour la Corte di appello ha correttamente interpretato la giurisprudenza di
legittimità che ha, più volte, ribadito che, il diritto di scelta della sede più vicina al domicilio della
persona invalida da assistere, non è un diritto soggettivo assoluto ed illimitato ma è assoggettato al
potere organizzativo dell'Amministrazione che, in base alle proprie esigenze organizzative, potrà
rendere il posto «disponibile» tramite un provvedimento di copertura del posto «vacante». Infatti,
l'inciso utilizzato dal legislatore «ove possibile» comporta un bilanciamento degli interessi in conflitto
(interesse al trasferimento del dipendente ed interesse economico-organizzativo del datore di lavoro),
soprattutto in materia di rapporto di lavoro pubblico, laddove tale bilanciamento riguarda l'interesse
della collettività. Il trasferimento rappresenta, infatti, uno strumento indiretto di tutela in favore delle
persone in condizione di handicap, attraverso l'agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della
sede ove svolgere l'attività lavorativa, al fine di rendere quest'ultima, il più possibile compatibile, con
la funzione solidaristica di assistenza del soggetto invalido ma non è l'unico strumento posto a tutela
della solidarietà assistenziale. Tuttavia, detta possibilità non può ledere le esigenze economiche,
produttive od organizzative del datore di lavoro e, soprattutto nei casi di rapporto di lavoro pubblico,
non può tradursi in un danno per l'interesse della collettività. Inoltre, la vacanza del posto, nella sede
di trasferimento, è condizione necessaria ma non sufficiente, restando l'ente libero di decidere di
coprire una data vacanza, ovvero di privilegiare altre soluzioni.